Articoli | 01 December 2015 | Autore: Claudia Dagrada

Diagnosi predittiva: che impatto avrà?

La tecnologia molto spesso corre più veloce di quanto gli utenti siano pronti per utilizzarla. È il caso anche della diagnosi predittiva? Vediamo insieme quale potrà essere l’impatto che avrà questa rivoluzione sull’autoriparatore, che dovrà rivedere il proprio ruolo e adeguarsi a nuovi servizi.
 

Una delle cose più fastidiose che può accadere a un automobilista è provare ad avviare il motore e scoprire che la batteria è scarica. Si tratta di un esempio banale ma particolarmente comune. Uno dei servizi più apprezzabili sarebbe poter ricevere una segnalazione che ti avvertisse in anticipo della fine ormai vicina dell’accumulatore. E se questa possibilità fosse allargata agli altri componenti del motore, e non solo, per salvaguardare la sicurezza del conducente? Quello di cui parliamo è un futuro non molto lontano: l’asticella tecnologica si sta alzando vertiginosamente e la diagnosi predittiva è ormai alle porte.
L’origine della diagnosi predittiva sta proprio nella possibilità di analizzare il comportamento di un veicolo nell’arco della sua vita, e i fenomeni che possono verificarsi prima dell’insorgenza di un problema; questo permette di creare algoritmi in grado di rilevare il problema prima che accada. La premessa è legata al fatto che esistano hardware che trasmettano le informazioni del veicolo a un’unità centrale di elaborazione, che interpreta questi dati e raggiunge il risultato della diagnosi predittiva. Al momento sono stati fatti i primi passi ma non è ancora uno stato di fatto, solo alcune case auto impiegano sistemi avanzati di questo tipo e solo su vetture top di gamma. Sulle auto “comuni” arriveranno più avanti, insieme all’integrazione sempre più stretta con la telematica; prevedere quando risulta però piuttosto complesso.

L’auto come punto nevralgico della comunicazione
Ma quale sarà l’impatto che la diagnosi predittiva avrà sul mercato e sulla filiera distributiva e riparativa? Nessuno ha la sfera di cristallo, ma possiamo provare a fare delle previsioni sullo scenario futuro, in cui si stanno spingendo in primis le case auto e di conseguenza l’aftermarket, sia a livello di autofficine autorizzate sia indipendenti.
Mentre ancora oggi si ragiona in termini di rigidi piani di manutenzione, ora si pensa a un’auto in grado di apprendere lo stile di guida del conducente, di leggere il consumo e di consigliare quando fare i controlli. Si prevede anche la possibilità di interazione con le mappe tridimensionali in cui sono digitalizzate le altitudini, per comprendere le condizioni in cui l’auto è guidata. Il componente elettronico o elettromeccanico avrà un software che terrà sotto controllo una serie di parametri caratteristici, e in caso di funzionamento al di fuori di questi parametri si avviserà il conducente e/o la centrale tecnica. Sono solo alcuni esempi, molti altri se ne potrebbero fare, ma il comune denominatore è uno: l’auto diventerà un punto nevralgico della nostra comunicazione, interconnessa con il mondo esterno verso la guida autonoma. Al momento, siamo più o meno a metà sul percorso verso questo obiettivo.

Scatola nera 2.0 e presa OBD
Per approfondire il tema della diagnosi predittiva, bisogna per prima cosa partire da un aspetto fondamentale, che è quello da cui deriva la possibilità di realizzare la diagnosi stessa: i dispositivi che sono in grado di alimentare questo concetto futuribile, o meglio la cosiddetta scatola nera e i dispositivi da inserire nella presa OBD (on-board diagnostics).
La scatola nera rappresenta una parte del mercato, e lo interpreta dal punto di vista della sicurezza rispetto a un incidente. In realtà si è evoluta in un concetto più spinto che porta alla scatola nera 2.0, che non ha solo il dato relativo all’incidente e al posizionamento riferito al satellite, ma ha tutta una componente di comunicazione con i sistemi elettronici di bordo del veicolo.
Gli altri dispositivi invece utilizzano la linea di comunicazione resa disponibile dalla presa OBD dell’auto. Si tratta di uno standard europeo nato per consentire l’accesso per la verifica dei sistemi di abbattimento delle emissioni inquinanti, quindi è una presa disponibile praticamente su tutto il circolante nazionale. Proprio la scatola nera 2.0 e il dispositivo OBD alimentano il concetto del Big Data di cui tanto si parla: ogni veicolo invierà una serie di informazioni che, se correttamente interpretate, consentiranno di raggiungere risultati importanti per una diagnosi predittiva. Quello che si prospetta per il futuro è che l’autoriparatore potrà vedere sul computer la lista dei veicoli dei suoi clienti con a fianco semplici icone che ne indicano lo stato di salute e di manutenzione.
Non mancano poi le spinte di carattere legislativo: entro il 31 marzo 2018, sarà obbligatorio installare su tutti i nuovi modelli di auto e furgoni leggeri nuovi dispositivi di chiamata d’emergenza (eCall) in grado di allertare automaticamente i servizi di soccorso in caso di incidente stradale. La chiamata eCall potrà essere attivata anche manualmente premendo un pulsante all’interno dell’abitacolo. È facile intuire che le case auto cercheranno di sfruttare questi sistemi a loro vantaggio per richiamare i veicoli presso le proprie officine.

L’importanza della formazione
All’interno di questa cornice, ecco la domanda più importante: gli autoriparatori sono pronti per recepire i cambiamenti che porterà con sé la diagnosi predittiva?
Prima di tutto, come sempre, quando si inseriscono nuove tecnologie sul mercato ci devono essere le basi perché siano comprese a fondo. In quest’ottica gioca un ruolo fondamentale la formazione di tutta la filiera, su cui i componentisti investono molto. Se fino a qualche anno fa il prodotto era rivolto alle sole officine, ora si realizzano soluzioni che si propongono all’automobilista, quindi virtualmente a milioni di persone. Questa lettura del mercato ha un potenziale importante che giustifica gli investimenti in formazione. Un altro aspetto essenziale è legato alla tecnologia usata per collegare l’auto al cellulare, quindi come effettuare la semplice installazione del dispositivo e la configurazione delle app. Già il passaggio di questo concetto all’autoriparatore può risultare delicato perché ancora sconosciuto ai più, ma diventerà sicuramente un tema a uso comune. La formazione è proprio rivolta a colmare queste lacune, per poter affrontare al meglio la rivoluzione della diagnosi predittiva, perché proprio di una rivoluzione si tratta.
Oltre ai tradizionali corsi in sede, si stanno sperimentando varie modalità di formazione online in modo che gli operatori non debbano lasciare il luogo di lavoro, con una vera e propria aula virtuale, oppure ancora attraverso dei forum. Tutto questo permette di rinfrescare la memoria quando serve e di avere aggiornamenti flash.
Quello che i produttori vogliono comunque passare alle autofficine è il fatto che la diagnosi predittiva sia uno strumento di fidelizzazione molto importante: queste nuove tecnologie sono infatti proposte come uno strumento di marketing per garantirsi un lavoro di continuità e un servizio verso l’automobilista assolutamente innovativo. Si tratta di una vera e propria sfida, perché in un certo modo tocca la cultura e le abitudini di una categoria di professionisti che dovrà reinterpretare il proprio ruolo e promuovere nuovi servizi.

Sarà un’abitudine di uso comune?
Detto questo, che impatto avrà la diagnosi a livello economico sulle autofficine? Permetterà di tenere sempre sotto controllo le auto e di fare più riparazioni, oppure la prevenzione porterà un calo di fatturato visto che ci saranno meno danni collaterali al resto del motore?
È chiaro che l’interpretazione e la lettura delle opportunità dipendono sempre dal singolo soggetto e dal suo background culturale. L’unica cosa chiara è che è molto facile perdere un cliente, mentre è difficile conquistarlo e mantenerlo nel tempo.
C’è la possibilità che questa modalità operativa diventi di uso comune in futuro, nel momento in cui gli automobilisti ne scopriranno i vantaggi. Non sarà facile quindi per le officine che preferiscono la filosofia del “più si spacca più guadagno” rispetto a quelle che risolvono in anticipo il problema eliminando la preoccupazione da parte dei clienti. L’auto va infatti vista in tutti i suoi aspetti: scadenza del bollo, della revisione e del tagliando, cambio delle gomme, controllo dei livelli e via dicendo.
Questo tipo di servizio e la vicinanza dell’officina all’automobilista diventeranno un’abitudine che non potrà più venire meno? Ancora non si può sapere. La nuova tecnologia potrebbe non essere così invasiva come tutto quello che ci tiene continuamente connessi con il mondo nella vita quotidiana. Si tratta infatti di un ambito professione, in cui l’utilizzo della tecnologia avviene in modo più oculato. Ad ogni modo è abbastanza anacronistico pensare che un’officina possa avere solo un approccio tradizionale verso i clienti, utile in certi casi ma non in altri. A livello concorrenziale, c’è il rischio che chi non si adegua rimanga tagliato fuori. 

L’autoriparatore come consulente
Ma al di là della bontà della diagnosi predittiva, le autofficine possono permettersi investimenti in attrezzature e in tutto ciò che serve per implementare la diagnosi predittiva? I costruttori oggi cercano di veicolare la manutenzione all’interno delle proprie concessionarie, portando via alle officine una clientela guadagnata con fatica nell’arco di anni.
Certamente una simile rivoluzione non può essere estesa a tutte le officine con effetto immediato: certe sono predisposte al cambiamento, altre meno. Può capitare di trovarsi di fronte alla scarsità di informazione e di voglia di investire da parte delle officine che, crisi o non crisi, a volte vedono solo i costi aggiuntivi e non l’investimento e le potenzialità di fondo. Solo scoprendone la forza e il ritorno economico si convinceranno.
Ad ogni modo, l’officina dovrebbe avere una dotazione e una capacità di intervenire di carattere più europeo, spingendo sull’aspetto più consulenziale e di trasparenza, attraverso ad esempio una scheda di accettazione del veicolo all’ingresso, in cui le attrezzature parlano tra loro e si riesce a dare all’utente un report sullo stato della vettura. È questo un primo atto di connessione interno all’officina, una volta inserito questo tassello ci sarà sempre più l’interconnessione dell’automobilista.
All’interno di una simile cornice, lo scettiscismo verso la tecnologia gioca un ruolo non indifferente, e questo non solo nelle officine ma anche da parte del ricambista: imprenditore che predilige la parte commerciale, a volte fatica a dare informazioni tecniche perché non attrezzato in questo senso. A tale scopo, parecchi ricambisti individuano del personale tecnico all’interno della loro struttura che fa da trait d’union con l’officina per la risoluzione del problema. La mancata competenza in questo ambito da parte del ricambista può portare a un rapporto diretto tra officina e produttore o distributore, che in questo riveste una certa importanza nello sciogliere il nodo della comunicazione.

Verso la connessione totale
Ma la diagnosi predittiva rimarrà appannaggio solo delle auto più costose? Probabilmente no. I produttori poi si stanno muovendo verso prodotti che possano essere montati su veicoli già esistenti, per consentire quella parte di telematica e diagnosi che una vettura non preparata per essere predittiva non può permettersi. Certo non potranno essere montati tutti i dispositivi. Perché in una diagnosi predittiva ai massimi livelli, tutto il sistema deve essere progettato in quel senso: è questa è la visione più futuristica.

Photogallery

Tags: diagnosi

Leggi anche